Cartolina da Dublino

Mi sono svegliato questa mattina, per qualcosa che non entra mai in questa città: il silenzio. Non un clacson, sirena, o brusio di voci che arrivava fino al 3° piano. La strada era vuota lì di sotto o almeno così pensavo. 

Negli appartamenti di fronte a Parnell Square moltitudini colorate di ragazzi guardavano giù dalle finestre verso la strada sottostante. Ho guardato anche io, in cerca di non so cosa, poi ho visto che cosa guardavano.
Una lunga fila di macchine e più avanti una figura che si muoveva lentamente su per la strada. Era vestita di un lungo cappotto verde che sembrava uno scafandro. Pareva quasi nuotare, idealmente, in un mare profondo. Lui o lei camminava lentamente, molto lentamente.
Seguii il suo passo lento, fino alla fermata del bus, direttamente di fronte alla mia finestra tra l'Ambassador Theatre ed O'Connel Street. Fu proprio lì che la vidi fermarsi a raccogliere qualcosa. Una borsa. Una di quelle che si vedono tutti i giorni. Adesso potevo vederla bene, i suoi lunghi capelli rossi finalmente tradivano il suo essere donna. Seduta con le gambe distese, così, solo a guardare sul marciapiede e dentro la borsa.
Io ero ancora lì al 3° piano a immaginare di incrociare il suo sguardo e al tempo stesso conscio che le emozioni non arrivano mai quando le vogliamo. Ho guardato. Ancora.
Ailis, ho immaginato si chiamasse così, aveva mani piccole che sembravano fatte d'avorio, lentamente aveva iniziato ad aprire la borsa e da questa volavano fuori ritagli di carta colorata ed un libro che come i miei pensieri sembrava andare alla deriva rotolando poco più avanti lungo la strada.
Pochi minuti dopo, come spinto fuori da un tempo infinito di nuovo il clacson, le risate e un mormorio di voci restituite ad un quasi annoiato Molly Malone che risuonava dal negozio di frutta all'angolo. Tutti a guardare, fuori dagli appartamenti e dai pub, tutti vittime di un sorriso che come l'acqua rilasciata da una diga sul Liffey era stato capace di travolgere persino il tempo.
Ho corso giù per tre rampe di scale e mi sono unito a loro. Ailis accarezzava ancora quello strano pallone. Ovale. Sono rimasto lì a guardarla per un tempo infinito, come se nient'altro avesse senso. Amo questo posto. Qui ci sono cose che non cambieranno mai: l'amore per le ragazze, uno strano gioco fatto di rimbalzi bizzarri e quel respiro nero, denso come i miei sogni, che nasce ogni giorno dal bacio delicato che Anna Liffey regala all'oro bruciato. Sta qui il senso di tutte le cose.

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